Le nuove frontiere
È una tecnica entrata in uso recentemente, sia pure in centri selezionati, e rappresenta un ulteriore passo nell’ambito della chirurgia mini-invasiva. Ha fondamentalmente le stesse indicazioni ma, al momento, è riservata a pazienti selezionati.
Rispetto alla chirurgia video assistita tradizionale presenta alcune differenze importanti. Il chirurgo è distante fisicamente dal campo operatorio e siede ad una consolle, dotata di un monitor, dalla quale, attraverso un sistema complesso, comanda il movimento dei bracci robotici. A questi vengono fissati i vari ferri chirurgici, pinze, forbici, dissettori, che un’equipe presente al tavolo operatorio provvede ad introdurre nella cavità sede dell’intervento. L’impiego dei bracci meccanici ha il vantaggio di consentire una visione tridimensionale con un’immagine più ferma, e di rendere le manovre più delicate e fini anche perché gli strumenti sono articolati all’estremità distale. Lo svantaggio è legato ai tempi operatori più lunghi, ed alla difficoltà di dosare la forza (come può accadere nel dare la giusta tensione ad un nodo chirurgico).
In futuro si può ipotizzare che la chirurgia robotica consentirà, con lo sviluppo delle esperienze, il diffondersi delle apparecchiature, ed il miglioramento dei sistemi di telecomunicazione e telematici, di operare a distanze sempre maggiori. Se si pensa che oggi, dai centri spaziali, è possibile azionare dei robot inviati sulla luna o più lontano, non è difficile credere che diventerà usuale operare da una parte all’altra della terra mettendo a disposizione di tutte le migliori e più specifiche professionalità. A Grosseto (centro di eccellenza), esiste una scuola di chirurgia robotica fondata dal Prof. Pier Cristoforo Giulianotti, nella quale si formano i chirurghi generali, gli urologi e i ginecologi provenienti dal territorio nazionale ed internazionale.
Grazie alla proficua collaborazione, l’Urologia di Grosseto, prima nel centro Italia, esegue prostatectomie radicali robotiche, nefrectomie parziali robotiche e cistectomie robotiche con confezionamento di neovescica ileale ortotopica, divenendo riferimento di chirurgia robotica urologica della Toscana. Un ruolo importante è riservato alla chirurgia robotica nel trattamento delle patologie mediastiniche e della Miastenia grave, spesso associata ad iperplasia timica, permettendo di ottenere percentuali di remissione completa di malattia pressoché sovrapponibili a quelle ottenute con un approcchio t
radizionale a cielo aperto che prevede la sternotomia longitudinale mediana.
Il primo robot chirurgico, chiamato da Vinci, in onore a Leonardo da Vinci, fu messo a punto nella Silicon Valley dalla Intuitive Surgical, e nel 2000 ha ottenuto l’autorizzazione dell’americana Food and Drug Administration (FDA) per l’utilizzo in chirurgia laparoscopica.
All’inizio del 2008, secondo i dati della Intuitive Surgical, i sistemi “da Vinci” operanti nel mondo erano più di 700[1] e gli interventi nell’ordine di decine di migliaia[2]
Fonte: Wikipedia